POLITICA, LETTA LAVORO - Sia il Presidente Letta che gli
alleati di Governo, al netto delle boutade sulle promesse elettorali da
soddisfare, concordano nel considerare il lavoro priorità assoluta in questa
fase iniziale della legislatura. E d’altronde non potrebbe essere altrimenti,
con un tasso di disoccupazione fra i più alti d’Europa, a livelli record per
quanto concerne quella giovanile.
Le aziende non riescono a
sostenere il peso della crisi e trovare un impiego, di regola a tempo
determinato, diventa un’impresa. La catena di suicidi da parte di piccoli
imprenditori, commercianti e artigiani schiacciati dai debiti è solo la punta
di un iceberg alla cui base alligna la pianta velenosa della corruzione
dilagante e della speculazione finanziaria; non è una fatalità se l’Italia, una
delle maggiori potenze economiche su scala mondiale, si trova oggi a dover
fronteggiare una situazione paragonabile soltanto a quella di Stati storicamente
meno solidi quali Spagna, Portogallo e Grecia.
Si può forse azzardare un
paragone, con le dovute proporzioni e rimarcando le differenze che esistono,
con la macchina statale irlandese. Quando banche e istituti di credito
scavalcano gli scambi reali, vengono messi in discussione i principi sani del
libero mercato.
In aggiunta, un sistema
d’illegalità diffusa che da noi trova terreno fertile nell’attività capillare
della criminalità organizzata e nei rapporti che intercorrono fra la stessa e
un gran numero di enti locali e amministrazioni pubbliche. Un circolo vizioso
da decine di miliardi l’anno che, sul lungo periodo, ha giocoforza finito col
disgregare un apparato già di per sé estremamente fragile a causa della cronica
mancanza di competitività nel binomio produzione-distribuzione.
Compito del nuovo esecutivo,
partendo dai provvedimenti all’apparenza condivisi dalle forze che lo
compongono, sarà innanzitutto allentare la morsa fiscale e ridurre il costo del
lavoro; la possibilità di favorire assunzioni nell’ambito di un piano di
contributi alle imprese virtuose viene di conseguenza. Alcuni, non a torto,
hanno lanciato la proposta del prepensionamento allargato come ulteriore
incentivo alla crescita occupazionale. Le idee interessanti e praticabili non
mancano.
Sarebbe cosa buona e giusta, dato
che dal post-voto s’è parlato spesso dell’ineluttabilità della condivisione di
oneri governativi, mettere da un lato gli interessi parziali (vedi riforma
della Giustizia e abolizione dell’IMU) e concentrarsi per davvero sui bisogni
impellenti del Paese.
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