di Federico Cirigliano
POLITICA, SABATO 11 MAGGIO MANIFESTAZIONI QUATTRO POPOLI TRE PIAZZE - Un sabato italiano. Non
qualunque. A Brescia, il Popolo della
Libertà; meglio, il popolo di Berlusconi. I “meno male che Silvio c’è” e gli
striscioni da stadio si sprecano. Lui, osannato dalla folla, lancia la classica
invettiva contro i nemici di sempre, ormai ridotti alle sole toghe rosse. Non
per bontà scoperta ma per esclusione: i comunisti sono compagni di Governo.
Occhio chiuso sulle proteste poco distanti.
A Piazza Indipendenza, Roma, il
popolo della destra: meglio del Centrodestra Nazionale targato La Russa.
Manifestazione della destra sociale, a favore dell’alleggerimento della
pressione fiscale (sulla stessa lunghezza d’onda degli alleati del PdL) e
patriotticamente concentrata sulla questione relativa al rientro dall’India dei
marò.
Sempre nella Capitale, in Piazza
Santi Apostoli, il popolo della sinistra; meglio, il popolo di Sinistra,
Ecologia e Libertà. Vendola affabula con le sue indiscusse doti oratorie, però
c’è un però: quella gente rappresenta solo uno spicchio del caleidoscopico
mondo del riformismo italiano. Sciolto il patto elettorale, anche il
Governatore pugliese dovrà decidere in fretta la linea da seguire. Qual è la cosa giusta?
Infine un quarto popolo, in linea
teorica attiguo al precedente. Che rimane fuori, ancora una volta. Alla Fiera
di Roma si elegge... meglio, si nomina il Segretario reggente del PD. Colui il
quale dovrà condurre il partito fuori dalle secche post-elettorali e
accompagnarlo fino al Congresso di ottobre. Guglielmo Epifani, il
traghettatore.
Scelta che ha già fatto storcere
il naso a buona parte della base, specie fra gli iscritti. L’ex leader CGIL,
almeno stando al risultato della votazione e successive dichiarazioni, piace ai
pezzi grossi. Deve piacere. All’Assemblea Nazionale è parsa più di facciata che
reale espressione d’apertura la partecipazione dei giovani militanti di
OccupyPD, introdotti di forza a una platea fossilizzata sulle solite facce. Dal
palco di Piazza Navona, era il 2002, Nanni Moretti invocava un profondo
ricambio generazionale fra i massimi dirigenti di Ulivo e DS. Undici anni dopo,
se possibile, il grido di dolore risuona doppiamente acuto.
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